Il valore della chiarezza nell’emergenza sanitaria

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6 min readApr 6, 2020

Il valore della chiarezza nell’emergenza sanitaria

di Giovanni Acerboni

25 marzo 2020

Ispirato a Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi, gira in rete un simpatico meme sulle oscurità del modello di Autodichiarazione diffuso il 23 marzo dal Ministero dell’Interno:

Lo dice anche Sabino Cassese, pioniere della chiarezza del linguaggio delle amministrazioni quando era Ministro della Funzione pubblica (1994), nell’editoriale Coronavirus: il dovere di essere chiari pubblicato il 24 marzo sul “Corriere della Sera”:

“chi deve portare fuori il cane e non sa quanto può allontanarsi dalla sua abitazione, avrà il tempo di procurarsi tutte le norme, leggerle, porle a raffronto, consultare un avvocato, per decidere cosa fare?”

Infatti, l’Autodichiarazione è solo l’ultimo anello di una catena di provvedimenti (decreti, ordinanze ecc.) di cui eredita l’oscurità. Però, nelle mani di un cittadino che deve sottoscriverla davanti a un pubblico ufficiale, diventa l’emblema di quanto la chiarezza delle istruzioni sia correlata alla correttezza dei comportamenti.

Dove sta la chiarezza comunicativa?

Se i decreti non sono chiari (si sapeva), se l’Autodichiarazione non è chiara (tanto che il Governo ha pubblicato la pagina delle FAQ, che alla prova dei fatti non risolve tutti i problemi) come possiamo aspettarci che i comportamenti delle persone siano allineati agli intenti della comunicazione?

Come possiamo fare per sapere quello che dobbiamo sapere per fare quello che dobbiamo fare?

Noi italiani siamo abituati al passaparola: chiediamo al parente, alla vicina o cerchiamo un giornale che interpreta per noi o, per i casi più difficili, facciamo una telefonata al consulente (legale, commercialista, associazione ecc.), che ci traduce il dato tecnico in istruzioni chiare e quindi utilizzabili.

Se c’è “tempo” (di leggere, consultarsi, discutere, provare) si arriva prima o poi a una interpretazione sostenibile. Questo “tempo” non lo abbiamo più e le interpretazioni dei consulenti sono spesso troppo poco chiare anch’esse.

Il meccanismo è semplice: se chi scrive (poniamo un commercialista) non ha il tempo e le tecniche per prendere le giuste distanze dal modo con cui i contenuti sono esposti nella fonte (poniamo un decreto), finisce per riprodurre quel modo, con i suoi difetti.

La chiarezza non è (più) un’opinione

Per anni ho cercato nel mercato strumenti digitali che potessero aiutare i comunicatori professionali nella sostanza del loro lavoro, e alla fine mi sono deciso a creare Writexp, l’Editor che serve per scrivere, ma anche per leggere, rileggere e correggere, perché Writexp vede i difetti di comunicazione, li conta e suggerisce come semplificare l’esposizione.

Abbiamo analizzato con Writexp un campione di testi e confrontato i problemi di comunicazione dei “consulenti” con quelli delle disposizioni a cui si riferiscono, e possiamo dimostrare oggettivamente, come riportato nelle tabelle seguenti, che chi cerca di semplificare la lettura dei documenti ufficiali (decreti ed ordinanze) non solo non è riuscito a levare i problemi dei testi di partenza, ma ne ha aggiunti di nuovi.

Tabella 1: analisi quantitativa dei problemi e ripartizione per tipologia.

La Tabella 1 mostra in orizzontale i tipi di testo che abbiamo analizzato (Decreti, Ordinanze, Circolari, Informative delle Associazioni e dei Professionisti) e in verticale:

  • il numero delle parole dei testi analizzati. Abbiamo privilegiato i testi ufficiali (tutti i decreti, un’ampia scelta di ordinanze). Delle Associazioni e dei Professionisti, abbiamo analizzato un campione di testi pubblicati in Internet;
  • il totale dei problemi intercettati automaticamente;
  • la frequenza dei problemi: ogni quante parole occorre un problema comunicativo. Rispetto alle medie nazionali che abbiamo elaborato lavorando sul nostro corpus proprietario CITPRO, i valori in tabella sono peggiori: PA: 1/36, Associazioni:1/50, Professionisti: 1/38 (Corriere della Sera, 4feb19);
  • il tipo di problema, il numero e la frequenza. Gli unici dati migliori delle medie nazionali sono quelli delle Ordinanze, in particolare di quelle della Protezione civile.

Tabella 2: Analisi qualitativa di alcuni aspetti linguistici tipici dell’oscurità dei testi professionali (su un campione di ca. 1000 parole per ogni tipo di testo)

La Tabella 2 mostra in orizzontale:

  • i parametri di efficacia dello standard della norma UNI 11482:2013 sulla scrittura professionale. Ovviamente non tutti i valori sono standardizzati (es. il numero di parole di un testo);
  • i tipi di testo che abbiamo analizzato (Decreti, Ordinanze, Circolari, Informative delle Associazioni e dei Professionisti);

e in verticale:

  • il numero di parole analizzate per ogni tipo di testo;
  • il numero dei periodi (da punto a punto);
  • la lunghezza media dei periodi. Il valore di efficacia = <40 parole è solo indicativo. Un periodo più lungo può essere comunque ben leggibile, a patto che i valori successivi siano buoni (il che non accade in questi casi);
  • il numero di verbi. In questa circostanza ci siamo limitati a calcolare il numero di verbi. Con un’analisi più raffinata possiamo indicare anche la qualità di questi verbi: alta (attivi e transitivi), media (infinito, gerundio), bassa (passivi), bassissima (passivi senza agente). Nel campione analizzato, la presenza di verbi di alta qualità è ampiamente minoritaria;
  • la frequenza dei verbi rispetto alle parole: tutti i testi analizzati presentano una frequenza ampiamente peggiore del valore che si può ottenere con una scrittura chiara;
  • il numero dei complementi indiretti (= introdotti da preposizioni. Es. “numero di verbi”);
  • la media dei complementi indiretti in un periodo;
  • la frequenza dei complementi indiretti rispetto ai verbi. Questo è il valore massimamente critico della chiarezza. I testi normativi sono molto lontani dal valore che si può ottenere con una scrittura chiara;
  • la frequenza dei complementi indiretti rispetto alle parole. Tutti i testi ottengono la metà del valore di una scrittura chiara.

Facciamo chiarezza sulla chiarezza?

Fare errori di comunicazione è inconsapevole. Quando scriviamo siamo tutti sicuri di essere chiari: del resto, nessuno sano di mente scrive per non farsi capire, soprattutto in circostanze come queste.

Cerchiamo dunque di fare chiarezza sul concetto di chiarezza comunicativa.

La chiarezza del tecnicismo: gli argomenti tecnici, giuridici e scientifici possono essere semplificati ma non banalizzati. La semplificazione non deve distruggere la correttezza tecnica del contenuto e un minimo ineliminabile di tecnicismo ci sarà sempre. Ciò significa che non sempre i contenuti tecnici possono essere compresi proprio da tutti. Chi scende sotto il minimo, come fanno spesso gli organi di comunicazione per i loro legittimi scopi divulgativi, rischia di dire cose imprecise che, nell’emergenza sanitaria, potrebbero generare dubbi, ambiguità e di conseguenza persino dei comportamenti illeciti. Ma nessun tecnico corre questo rischio, nessun tecnico scenderà mai sotto il minimo del tecnicismo. Il problema dei tecnici è che applicano alle parti non tecniche del loro discorso tutte le caratteristiche linguistiche abituali del discorso tecnico. Rendere chiaro cosa è tecnico rispetto al resto del testo, aiuta proprio la chiarezza tecnicistica.

La chiarezza del modo: la semplificazione degli argomenti tecnici non significa semplificare il contenuto tecnico sotto il minimo del tecnicismo, ma significa semplificare il modo di porgere quel contenuto.

Per essere più chiari si possono adottare semplici regole di semplificazione, per esempio:

  • scrivere periodi brevi;
  • esprimere le azioni con i verbi;
  • esplicitare chi fa la cosa
  • sostituire i termini difficili (ma non tecnici) con sinonimi semplici.

Due parole su Writexp

In 20 anni di professione, ho aiutato Enti Pubblici, banche e organizzazioni di tutti i tipi a formare persone sulla scrittura professionale e ho capito che è importante avere un tool che aiuta ad intercettare tutti i problemi.

Chi scrive è, e deve, essere concentrato sul contenuto, che spesso è molto difficile. Solo pochi illuminati riescono a esporre il giusto contenuto e contemporaneamente, a formularlo nel modo più semplice e naturale. La maggior parte deve rileggere, correggere e spesso non ‘vede’ più il suo stesso testo, non identifica i problemi, soprattutto quando non ha tutto il tempo necessario.

Proprio come è successo per il testo dell’Autodichiarazione per uscire di casa.

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Qui un video, per una vista introduttiva.

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