Manteniamo la nostra lingua a distanza di almeno un metro dalla lingua delle decisioni

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5 min readJun 4, 2020

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di Giovanni Acerboni e Ida Tucci

Molti si chiedono se l’emergenza sanitaria produrrà qualche cambiamento nella lingua. Diamo tre risposte, delle quali la più importante è l’ultima.

  1. Il lessico

Partiamo dalle parole, che richiamano immediatamente l’attenzione di tutti e che sono l’aspetto più evidente della lingua.

Durante l’emergenza, tutti noi abbiamo notato parole nuove o che sono suonate come nuove. Rimarranno stabilmente? Entreranno dell’uso comune?

Premettiamo la ‘regola’, che è molto semplice: l’uso vince. Il lessico è democratico, il suo destino dipende da noi.

Dal canto loro, le parole sono organismi in evoluzione:

  • nascono quando qualcuno ne inventa una nuova e qualcun altro la legge o la ascolta;
  • vivendo, possono cambiare significato o acquisirne uno diverso o affine;
  • muoiono quando nessuno le usa più.

Durante l’emergenza sanitaria abbiamo incontrato nuove parole, come lockdown (nuova per noi, non per l’inglese) erre con zero (un tecnicismo in precedenza pressoché sconosciuto), sanificare ecc., e abbiamo dato nuovi significati a parole esistenti, come quarantena e bonus.

Sul destino delle parole nuove e dei nuovi significati nessuno può fare previsioni sensate, ma è certamente possibile che rimarranno, arricchendo il nostro vocabolario. Altrimenti scompariranno, rendendo difficile tra parecchi anni cogliere il senso originale dei testi dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.

Sono entrambi fenomeni normali: la mobilità del lessico è costante in una lingua viva, è — diciamo — un indicatore del suo adeguamento ai cambiamenti sociali e contestuali.

Qualche parola in più (anche in inglese) o in meno non incide in profondità sulla lingua, perché le parole non agiscono sulla grammatica, che le ingloba e le regola.

2. La grammatica

Dopo il lessico, la grammatica è l’altro aspetto della lingua più noto ed evidente a tutti coloro che la usano.

Se il lessico è l’aspetto più di superficie della lingua, la grammatica è un aspetto della sua struttura profonda, l’insieme delle regole convenzionali su cui è basata.

Senza entrare nella complessità del tema, diciamo solo che la struttura profonda della lingua cambia poco e molto lentamente. Solo nel lungo periodo saremo in grado di attribuire a un dato contesto storico e culturale lo spunto di un cambiamento linguistico.

La risposta alla domanda se l’emergenza sanitaria produrrà effetti sulla lingua è dunque certamente No.

Non preoccupiamoci di questo.

Piuttosto, continuate a leggere perché nel prossimo paragrafo c’è un problema reale.

3. La sintassi e la lingua delle decisioni

Un altro aspetto della struttura profonda della lingua è quello della sintassi, cioè del modo in cui le parole e le frasi sono ordinate e messe in relazione.

La sintassi è uno dei principali indicatori dello stile.

Durante il lockdown siamo entrati in contatto diretto con la lingua delle decisioni (madre del “burocratese”) che è prescrittiva ed immediatamente effettiva (un decreto vale dal momento stesso in cui viene emanato. Detto, anzi scritto, e fatto).

Molte decisioni dell’emergenza sono spesso state giuridicamente diverse dalle decisioni di periodi ‘normali’ (molti giuristi affermano addirittura che alcune decisioni sono anticostituzionali o giuridicamente inconsistenti), perché consentivano agli enti di governo locale (soprattutto le regioni) un’ampia discrezionalità sull’applicazione delle misure.

Non avevamo il tempo di interpellare un esperto e, d’altra parte, non è che i giornali fossero tutti d’accordo, per non parlare di Regioni e Comuni.

Sicché, per fare un solo esempio, non capivamo se potevamo uscire e fino a dove con il cane.

Com’è come non è, in molti casi ci siamo letti direttamente ordinanze, decreti, informative varie.

La conseguenza è che abbiamo cominciato un po’ tutti a usare la lingua delle decisioni, che eredita (impropriamente) autorevolezza dall’autorità di chi prende la decisione.

Indotti ad attribuire alla lingua della decisione la stessa autorità che ha la decisione, abbiamo rivitalizzato alcuni aspetti oscuri e antiquati di quella lingua, contro i quali qualche battaglia era stata vinta.

Qualche esempio:

  1. Il verbo al participio presente, che è morto da sessant’anni (nessuno più dice: pentola bollente il brodo). Eppure, quanti “riguardanti, concernenti e contenenti” usati da persone normali non solo per iscritto ma persino a voce.
  2. Il verbo all’infinito usato come nome (infinito sostantivato), moribondo se non già morto. Lo si trova a palate persino negli avvisi di chiusura esposti sulle serrande dei negozi: “al fine di contrastare il diffondersi del contagio…”.
  3. Lunghe sequenze di nomi (stile nominale), tipiche del linguaggio tecnico-burocratico, lontanissime dallo stile normale (soggetto, verbo, complemento oggetto) che impariamo a scuola e che troviamo nella letteratura, nella manualistica scolastica e nella stampa.

Un caso reale: l’avviso ai clienti di una lavanderia (grassetti nostri):

AVVISO ALLA CLIENTELA

IN BASE AL DPCM DELL’8 MARZO 2020 CONCERNENTE MISURE PER IL CONTRASTO ED IL CONTENIMENTO DEL DIFFONDERSI DEL VIRUS COVID-19, SI INFORMANO I SIGNORI CLIENTI CHE, PER EVITARE ASSEMBRAMENTO, L’ACCESSO A QUESTO ESERCIZIO È SUBORDINATO AL MANTENIMENTO DELLA DISTANZA TRA LE PERSONE DI ALMENO UN METRO

L’INGRESSO A QUESTO ESERCIZIO È LIMITATO AL MANTENIMENTO DI TALE MISURA SANITARIA DI PRECAUZIONE

SI RINGRAZIA PER LA COMPRENSIONE E PER LA COLLABORAZIONE

In questo avviso si notano anche altri difetti del linguaggio tecnico e soprattutto burocratico:

  1. l’impersonale di “si informano, si ringrazia”, che è assurdo perché solo una persona può informare e ringraziare;
  2. la mancanza dell’articolo (“evitare assembramento”), errore grammaticale frequentissimo nel linguaggio giuridico-amministrativo (“con decreto, con lettera” ecc.);
  3. il vizio della ricerca di sinonimi per giunta rari: dopo due “questo” (esercizio), eccoti un “tale” (misura).

Tornando alla domanda, ecco la risposta: il contatto con la lingua delle decisioni ha diffuso il virus del burocratese, che da decenni è un linguaggio separato dalla nostra lingua comune, facendocelo ora invece percepire come inevitabile, se non proprio normale.

Resteranno tracce di questo “virus”? Il pericolo è reale. Sta a tutti noi scongiurarlo, mantenendo una distanza di sicurezza (almeno un metro) da questa lingua separata dalla lingua comune.

Del resto, non tutti ne siamo rimasti profondamente contagiati, come mostra quest’altro avviso ai clienti di un bar:

AVVISO ALLA CLIENTELA

VI INVITIAMO AD ATTENERVI ALLE DISPOSIZIONI DEL MINISTERO DELLA SALUTE E DI USARE LE PRECAUZIONI INDIVIDUALI PER RIDURRE LA DIFFUSIONE DEL CONTAGIO COVID 19

È IMPORTANTE MANTENERE

UNA DISTANZA INTERPERSONALE

DI ALMENO 1 METRO

SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE

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